La vicinanza oltre lo scarto in questo tempo semplificato

La vicinanza oltre lo scarto in questo tempo semplificato

Due anni fa, quando increduli provavamo a capire quanto quella vicinanza data sempre per scontata iniziasse a mancarci e mentre regnava quello slogan superficiale “andrà tutto bene”, c’era un pensiero comune ai più: che da questo momento storico ne saremmo usciti migliori.

“Da una crisi non si esce mai come prima”.

La sofferenza si sa, cambia ogni cuore, però non sempre in meglio.

Da una grande prova puoi migliorare davvero, se riesci a dare un nome a quel male, se riesci a capire che forse quel dolore è “il male minore”, se sfrutti quel dolore per migliorare, ma non sempre è così.

Lo ha detto anche l’anno scorso Papa Francesco, all’inizio di un’intervista rilasciata al Tg5: “da una crisi mai si esce come prima, mai. Usciamo migliori o usciamo peggiori”. Il perché lo ha spiegato qualche settimana fa, ospite nella trasmissione di Fazio, spiazzando ancora una volta tutti semplicemente col verbo “toccare” e quel senso del tatto che sbaraglia la solidarietà e la compassione semplificata da social.

Nelle grandi città tanta gente ha visto per la prima volta i propri vicini grazie alle famose serenate e flash mobs dai balconi. Ci è servito fermarci obbligatoriamente per vederci, come sono serviti dei rami pericolanti per vedere Marinella seduta da due anni una su una sedia del soggiorno.

Questo perchè siamo sempre di fretta e sempre più individualisti, senza mai trovare il tempo per toccarci, provando a capire quale sia il contesto, anche umano, in cui si abita, si vive, in cui c’è chi muore. Ora che i funerali sono diventati strettamente familiari, ora che il dolore è rimasto a distanza di sicurezza.

Magari abbiamo purificato quelle inutili passerelle, in cui si riusciva a cavarsela semplicemente sussurrando “condoglianze” con una stretta di mano nemmeno tanto sentita. Però, a dirla tutta, ci sta anche bene non “dover” più toccare le lacrime di chi è nel pianto.

Nemica della vicinanza è “la cultura dell’indifferenza”.

La nostra distanza, regolamentata dalle norme, è diventata amica dell’indifferenza. Un’indifferenza che non stupisce più, perché le regole ci piacciono quando tolgono pesi sulle nostre coscienze.

Eppure la parola chiave come strada di uscita da questo tempo semplificato è la parola vicinanza, che è l’opposto dell’indifferenza: farsi vicino all’altro, vicino alla scarto.

E viene in mente il venerabile don Tonino Bello, un vescovo pugliese col “don” davanti.

La Sua Eccellenza, la si è misurata dalla vicinanza vera che ha avuto con tutti, da vescovo col grembiule.

Ha incoraggiato, rimproverato, spronato e sognato mettendosi dentro il cuore degli altri.

Quale vicinanza serve, oggi?

Quella vicinanza che è fatta anche di contatto e non solo di contatti.

Quella che si mischia col dolore, perché siamo bravi a dare una pacca sulla spalla degli altri, ma meno ad offrire la nostra di spalla.

Imparando prima di tutto a piangere, empatizzando con la sofferenza degli altri.

Capire che ogni persona può dare qualcosa all’altro, può essere utile, senza avere la pretesa che l’altro accetti i nostri consigli.

La vita non ha professori, ma solo esperti e, spesso, se non ci passi da una porta stretta non puoi insegnare agli altri come farlo.

Allo stesso tempo chi invece è toccato dallo stesso dolore si capisce immediatamente, perché nelle crisi e nelle sofferenze non ci è chiesto un esame finale, conta la presenza.

La pandemia però ha una peculiarità, ha toccato tutti, tutti nella stessa barca.

Solo insieme possiamo farcela, anche se non è andato tutto bene, ribaltando la tendenza di imbruttire le persone sofferenti solo per paura di doversi avvicinare.

È la vicinanza che illumina, loro e noi.

Investendo tempo, cuore e testa, come in una sfida.

scritto da:

È nata a Zurigo, dove ha vissuto la sua infanzia. Poi si è trasferita con la famiglia in Calabria. È giornalista e ufficio stampa. Collabora con le riviste delle Edizioni San Paolo. Il suo ultimo libro è Il rumore della pace, un manuale di sopravvivenza al coronavirus (Castelvecchi Editore)

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