Da quelle parti

Da quelle parti

Ricredersi, a vent’anni, è una scelta impossibile. Partire senza salutare, da giovani, altrettanto. Non si lascia qualcuno senza lanciargli uno sguardo, a quell’età. Si saluta sbirciando, in quelle occasioni, per conservare l’ultimo ricordo importante di una persona, di una stanza. Solo da vecchi, si ripeteva Hanna, puoi rinunciare a un’occhiata che non ricorderai a lungo. Lo avrebbe pensato di lì a poco, scendendo le scale, senza voltarsi.

«Non stai partendo per un viaggio», mormorò sotto la doccia.

Non esistono i viaggi, si disse insaponandosi il volto. Ci sono solo partenze. Talvolta – ma si illuse di non rivedere mai più quella casa – anche i ritorni: accade quando la vita, senza rispetto, ti volta le spalle. La direzione, in entrambi i casi, è una sola, si disse tremando. Le piastrelle, nel bagno freddo, non assorbivano il vapore dell’acqua bollente. Bagnate, tornavano gelide, come le sue labbra pallide, i suoi piedi, i capelli. Non l’avrebbe percepito così intenso, il freddo, sull’altra costa. Si guardò allo specchio il seno, il collo. Riconobbe il proprio modo di osservarsi, un pudore trattenuto con il respiro, e si immaginò la sera stessa, dall’altra parte dell’America, svestita davanti allo specchio, al caldo di un sole ancora alto.

Lungo la strada, nessuno la degnò di uno sguardo.

Si camminava così, a Newark, simulando una consapevole, reciproca indifferenza, concentrati sul profilo verticale della metropoli, un’immagine nebbiosa oltre l’Hudson e i propri pensieri. La primavera era stata annunciata da giorni, tutti ne parlavano, ma Hanna non riusciva ad annusarla. Continuò a respirare a fondo, cercandola. Le stagioni, lo aveva imparato da tempo, hanno un odore inconfondibile, come ogni cosa che accade, silenziosa, intorno a noi. Un uomo di mezza età, alla fermata del bus, la aiutò a caricare a bordo il suo bagaglio, una valigia gialla troppo pesante per i suoi polsi nudi di ragazza. Sedettero vicini. All’imbocco dell’Holland, all’improvviso, sul bus si accesero le luci. Si scambiarono uno sguardo, Hanna e l’anziano, e lei si sentì ancora nel bagno, di fronte allo specchio. «Non si parte con il cuore spezzato a metà! Non va bene. Così rischi di tornare indietro», le disse quell’uomo.

Era simile a suo padre, pensò lei senza rispondere. Notò gli zigomi sporgenti e la lentezza pacata delle sue parole. Un impermeabile troppo grande che, d’inverno, ricopre uno, due maglioni pesanti, e gli occhiali da miope a nascondere uno sguardo vuoto. E, tra le dita, un biglietto. Non l’abbonamento mensile, per risparmiare sul costo. Non era di quelle parti, pensò Hanna. Nessuno acquista una sola andata, all’ora di punta, in New Jersey. Si procedeva a fatica, rallentando nel traffico, per poi, immobili, provare a ripartire senza un abbrivio.

Per la prima volta Hanna capì di essere sott’acqua, senza via di uscita.

Una strada illuminata, alle sette del mattino, immersa nel mare che preme per guadagnare terreno. Il Tunnel, da quelle parti, è una notte perenne. Un cubicolo che non cambia mai. E quella corsa verso l’aeroporto, appena sveglia, le sembrò senza fine, come il mattino che fuori, là sopra, denso di foschia, odorava ancora di buio. La guardò, l’uomo, restando in silenzio. Forse attendeva una risposta, un cenno.

Una frenata improvvisa li scosse entrambi. «Mia figlia partì l’anno scorso, per venire dalle tue parti. Voglio la mia libertà, mi aveva detto. L’hanno ammazzata a Natale, vicino alla tua fermata». Il bus era di nuovo immobile, nessun movimento oltre il finestrino. Hanna ascoltò, sotto i piedi, il tremore del motore, un respiro profondo. Strinse la maniglia della sua borsa, le dita fredde di ansia. Ci tornava una volta la settimana, quell’uomo. Partiva di notte, da casa, per attendere l’alba sotto la pensilina, dove l’avevano trovata. A quell’ora, le disse, il cuore aveva ceduto. Proprio lì, senza che qualcuno potesse aiutarla. Si sparava, al buio, da quelle parti. «I guai, di notte, ti trovano sempre», sussurrò accennando un sorriso. Un mattino, sul marciapiede opposto, le era sembrato di scorgerla. Forse, concluse, era un abbaglio, solo un desiderio, ma era ciò che cercava. Riprese, lenta, la marcia del bus.

All’uscita, un riflesso, una pioggia leggera, apparvero improvvisi, e ad Hanna sembrò che là fuori, a Manhattan, fosse già primavera.

Scese a Canal St., quell’uomo. Prima di alzarsi le rivolse un ultimo sguardo, un saluto con la mano, dicendo «Riguardati, mi raccomando». Alla fermata, stretto nel suo impermeabile bianco, si unì agli altri, camminando altrove. Procedevano a rilento, le insegne illuminate oltre il finestrino. La città era ferma, come il bus, come il cielo invisibile tra gli edifici. Solo persone ad attendere qualcuno, a inseguire un orario in fuga perenne. Hanna pensò all’altra costa. Alla sua partenza, silenziosa come quel motore, un tremore sotterraneo che non ti lascia mai. Alla libertà rimasta sull’asfalto, sotto la pensilina. Troppo vicina a casa, si disse, per essere vera.

Corrado Passi
Corrado Passi per la rubrica Narratio Memoriae


scritto da:

A quarant’anni lascia la professione medica e si trasferisce in Sudafrica, dove vive. Ha scritto la guida Cape Town (Polaris 2016), i romanzi Oltre la vita felice (Polaris, 2017), La jacaranda fiorita (Il Seme Bianco 2017), L’intensità della luce (Emersioni, 2018), Los Angeles, paradise (Emersioni 2019), Rego Park (Castelvecchi, 2021), Liturgia delle pianure (ReadAction Editore, 2023), Il sogno assassino (Castelvecchi, 2024).

condividi